di Luciana Rota
Che Guareschi abbia visto e previsto certe volate del Giro, del Tour, della Vuelta? Potrebbe essere. Perché sfogliando qua e là un libro molto bello – L’Italia in Bicicletta (edizione Excelsior 1881, Collana Limousine, euro 22,50) ad un certo punto ti trovi ritratto uno cento velocisti alla Degenkolb, alla Cavendish, alla compagnia sprinter

È lui, non ci sono dubbi, in quell’ultimo chilometro che non finisce mai, magari anche un po’ in salita. C’è un ciclista di Giovannino. Anche se la vignetta indica sul cartello di direzione “Colorno”. Quel traguardo potrebbe essere italiano, francese, spagnolo. Quell’arrivo un po’ in salita è sudore e occhi spiritati di fatica. Le parole all’arrivo già si sentono e sono quelle di un campione  che ha macinato quel finale senza pensare agli altri ma solo a se stesso. Capace di dare tutto. Scontato ma neanche tanto. Quel finale è tutto un sogno rosa, giallo o amarillo. Un sogno da Giro da Tour da Vuelta. È  una vittoria, da prendere al volo. La vittoria del più forte. È una maglia da leader da accarezzare ancora.

«È bello a notte alta, passeggiare in bicicletta per i viali della periferia, cercare pedalando la carezza fresca dell’aria. Sull’asfalto che, sotto le luci, ha bagliori brevi d’acciaio brunito, le gomme rollano sommesse e cantano la lieta canzone della strada… e rendono sonni agitati alla gente che chiede al letto il ristoro dopo la giornata calda e laboriosa».

Scriveva così ai tempi del Corriere Emiliano il Giovannino Guareschi, dal racconto di Marco Albino Ferrari. Un sognatore a due ruote. Che ci fa chiudere il libro, con quella espressione soddisfatta di chi può lasciarsi andare al sonno dopo aver ascoltato fino in fono una bella storia.

Riposa anche lui, ora, il volume di Guareschi sotto il tuo cuscino. Ha pedalato fino al Museo del Ghisallo. Adesso è giusto che si riposi un po’. Tanto qui è al sicuro.