Debutta in teatro al Dal Verme e in streaming sul portale di Regione Lombardia la pièce teatrale Angelo Fausto Coppi. L’eroe nato contadino, di e con Sabina Maria Negri, liberamente tratta da Solitudine di un campione (ed. Mursia) e Non ho tradito nessuno (ed. Neri Pozza), e con la  collaborazione di Gabriele Moroni, racconta il mito sportivo e la vita dell’uomo, fondendoli in una confessione dalla cadenza drammatica, che prende il via dal processo per adulterio.

Uno spettacolo interamente dedicato a Fausto Coppi debutta sul portale di Regione Lombardia in streaming nella serie degli spettacoli del ciclo Eroi e Riflessioni registrati al Teatro Dal Verme di Milano. Si tratta di una iniziativa fortemente voluta dall’assessore regionale alla cultura Stefano Bruno Galli ed è stata realizzata in collaborazione con il circuito lirico lombardo Opera Lombardia e la Fondazione I Pomeriggi Musicali. Rientra nel ciclo degli spettacoli In Lombardia i teatri non si fermano. E pedalano, aggiungiamo noi.

In scena lui, Fausto Coppi (Nino Formicola), che ricorda e ancora soffre e gioisce, e la Dama Bianca (Sabina Maria Negri), figura silenziosa che a un certo punto si trasforma nel pubblico ministero. Scorrono dunque, nella mente e nella memoria del campionissimo, i giorni della gloria e quelli dell’infamia, i volti degli avversari e dei famigliari, i moti di passione e gli abissi dell’abbattimento, i momenti e i personaggi che hanno segnato la sua esistenza e anche la storia italiana. Fra ansie, tormenti, rimorsi, orgoglio, nostalgia, Coppi ripercorre la sua vita con e per gli spettatori: è un’anima che si svela, è un destino che si compie fino all’ultima tragedia.

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Su tutto, la consapevolezza che la fama è un peso difficile da sopportare, un segno divino che, assieme alla benedizione, porta con sé la pena. A ricreare l’atmosfera di quegli anni contribuisce anche la musica, arrangiata ed eseguita da Simone Spreafico e Luca Garlaschelli, con il supporto della splendida voce della cantante Patrizia Rossi, potentemente evocativa, suscitando commozione e allegria e completando il ritratto di un uomo – e di un’epoca – indimenticabili. Regia di Lorenzo Loris.  Scenografia e installazioni a cura di Marco Lodola.

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Note autorali. Fausto Coppi non è stato solo un grandissimo campione dello sport. È stato anche un’icona popolare dell’Italia del dopoguerra, il simbolo di un Paese desideroso di lasciarsi alle spalle sofferenze spaventose e teso spasmodicamente verso la rinascita, il benessere, la vita. Le origini contadine, i primi chilometri in bicicletta come garzone di un salumiere di Novi, le vittorie e le sconfitte, i trionfi con gli avversari staccati di decine di minuti e gli incidenti rovinosi, la rivalità con Bartali (così diverso, anche caratterialmente, da lui) apparvero e appaiono ancora oggi come i canti di un poema epico, con Fostò (così lo chiamavano i francesi, ammirati e irritati dalle sue vittorie ai Tour del 1949 e del 1952) nei panni dell’eroe sublime, talvolta sfortunato ma sempre valoroso. Forse è lo sportivo italiano più amato, più idolatrato di sempre: la sua immagine mentre, scavato in volto, magro come un uccello, spinge sui pedali lungo le strade dissestate e impervie del ciclismo d’antan ha qualcosa di classico, è la rappresentazione di un mito del Novecento.

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Coppi, però, come tutti i miti sportivi e non, è stato anche un uomo. E la sua vicenda umana non fu meno significativa, drammatica e appassionante di quella sportiva. Il riscatto sociale e il passaggio rapidissimo dall’oscurità all’enorme popolarità; la guerra e la prigionia in un campo di concentramento, in Tunisia; la terribile tragedia della morte di Serse, fratello e gregario; un grande, tormentato amore, quello con Giulia Occhini, la donna per cui Coppi lasciò la moglie e la figlia, andando incontro a un clamoroso processo per adulterio e a un periodo di ostracismo sociale addirittura feroce nell’Italia bigotta di quei tempi; la fine precoce e assurda: sono le tappe di una vita non comune, in cui trovano posto le più grandi soddisfazioni e le più grandi amarezze, la vita di un predestinato nella felicità e nel dolore.

Ecco un podcast per il Museo del Ghisallo con Nino Formicola e Sabina Maria Negri che ci parlano del loro Angelo Fausto Coppi, l’eroe nato contadino.

 

 

Nino Formicola. Con Andrea Brambilla ha dato vita all’affiatata coppia Zuzzurro e Gaspare. I due sono apparsi per la prima volta in televisione nel 1978 nella trasmissione della RAI Non Stop e l’anno dopo partecipano a La sberla. Hanno raggiunto la popolarità con il varietà  Drive In.  Nel 1986 si dedicano al teatro, interpretando la commedia di Neil Simon Andy e Norman. Nel 1989 è nel cast di Emilio, programma comico in onda su Italia 1 di cui è anche coautore insieme a Zuzzurro. Dopo l’esperienza de Il TG delle vacanze (1992) e di Dido… menica (1992-93) sono tornati in RAI dopo quindici anni di assenza e nel 1994 vi hanno condotto Miraggi, la striscia serale in onda a ridosso del TG1. Nell’estate 1996 la coppia è tornata a lavorare per i network privati, partecipando al varietà di Canale 5 Sotto a chi tocca condotto da Pippo Franco. Nel 1997 assieme a Zuzzurro presta la voce per il personaggio Panico del film d’animazione Disney Hercules. Nel 2011 tornano a teatro con La cena dei cretini di Francis Veber. Dal febbraio 2015 Nino Formicola è testimonial ufficiale dell’associazione di volontariato dei City Angels. Nello stesso anno riceve il riconoscimento speciale Leggio d’oro “Alberto Sordi”. Nel 2018 partecipa e vince la tredicesima edizione de L’isola dei famosi. Nell’estate 2019 insieme con Ezio Greggio, Biagio Izzo, Gianluca Fubelli e Maurizio Battista, conduce La sai l’ultima?.  Sempre nel 2019, Nino Formicola riporta in scena, con Max Pisu, La cena dei cretini, in tournée anche nel 2020.

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Sabina Maria Negri Autrice,
attrice e giornalista televisiva Mediaset. E’ stata responsabile artistica del Teatro della Società di Lecco, aiuto regia di Pupi Avati e ha realizzato documentari per la Regione Lombardia, Rai 1 e Sky: La ballata di un uomo brutto dedicato a Carlo Delle Piane per i 60 anni della sua carriera. Regia Dimitris Statiris;  Io mi chiamo Tommaso, per Telethon, Rai Uno; Fernanda Pivano racconta Hemingway, con Fernanda Pivano e Carlo Delle Piane, regia di Giulio Graglia.

Fra i suoi testi teatrali più rappresentati e significativi: Gioàn Brera. L’inventore del centravanti, con Cochi Ponzoni, dal 2012 con Bebo Storti e dal 2019 con Lorenzo Loris; L’ultima radio con Tullio Solenghi;  Ho perso la faccia! con Carlo Delle Piane, Erica Blanc, Silvano Piccardi; Pinocchio. El Pinocc, con Mario Sala. Musiche a cura di Simone Spreafico. Regia Lorenzo Loris. Adattamento drammaturgico di Sabina Negri, Mario Sala, Lorenzo Loris; Il filo spinato dell’amore, con Francesco Alberoni, Patrizia Rossi (voce), Simone Spreafico (chitarra e voce). A cura di Lorenzo Loris.