Chiedimi chi era Malabrocca e ti dirò chi sei. Proprio così. Noi che il ciclismo lo conosciamo bene. La Maglia Nera è un simbolo, un idolo per certuni, un modello per altri. Un modo per nascondersi dalla paura di emergere per i più timidi. A raccontarcelo, a modo suo, è Matteo Caccia in una quasi intervista a poche ore dal suo spettacolo a Nizza Monferrato @lucianarota

#lamaglianera – Una rivincita dei deboli contro i forti forse per i più politici. Un eroe antico o un personaggio di un fumetto che fa ancora sorridere di dolcezza per chi è innamorato della storia e di questa Italia che è cresciuta sì, ma se guardasse indietro un po’ più spesso, a questi anni 50, alla Ricostruzione, al coraggio, al fare più che al parlare, al sorridere, al cantare, all’ironizzare… probabilmente cambierebbe subito marcia. Andazzo.

Chiedimi chi era Malabrocca e ti consiglierò di andare a scoprirlo sabato 5 novembre di sera, nel Monferrato, a Nizza, per conoscerlo, in un giorno in cui una fiera che si dedica a San Carlo ed è lunga 500 edizioni, ha trovato un suo motivo dell’anno nelle due ruote. La circostanza, guarda caso, ti invita ad andarci in bicicletta, o a ritornarci, comunque sul sellino. Come si andava e si faceva una volta.

In fiera per conoscere la Maglia Nera. Te la presenterà, alle 22 circa, un ragazzo che ha fatto teatro, prosa, ed è un talento della comunicazione. Anzi, della radio. Ha iniziato come inviato, si è fatto apprezzare su Radio24 e su Radio Due: insomma, Matteo Caccia, ha scritto e interpreta il suo Luigi Malabrocca, e si fa accompagnare a Nizza Monferrato dal contrabbasso di Nicola Negrini.

Caccia lo fa così bene il Malabrocca da fartelo conoscere di persona. Per innamorartene anche se tu eri uno che preferiva arrivare uno. Anche adesso. Che non c’è tempo per aspettare l’ultimo della corsa. Né tanto meno andarlo a cercare in un fosso, che si nasconde per prendersi il premio. Quel pane e salame.

Matteo Caccia, sabato sera, ti farà incontrare Luigi Malabrocca, come lo ha incontrato lui… e lo porterai per sempre con te. Tirandolo fuori ogni volta che ti farà piacere. O ti servirà persino. Come un mito che non tramonta. come un abito che va sempre bene, che passa la moda ma lui è lì e ti aspetta. Un evergreen direbbe la tua amica che se ne intende. Un sempre verde della collezione umana. Perché a modo suo, Matteo Caccia, lo ha reso mito il Malabrocca. E un mito non tramonta. Non tramonterà mai. Nemmeno in nero.

matteo cacciaQualche domanda a Matteo Caccia. Quasi un’intervista…

Malabrocca, poi, non era un … brocco: tuttavia oggi è un eroe completamente fuori dal tempo. Con i modelli attuali che hanno i giovani italiani, come possono amare un personaggio così ? C’è un modo per farlo piacere ai giovani? Tu stesso sei apprezzato da un pubblico anche giovane…
Io credo che le belle storie non abbiano età né epoca, mi è capitato di raccontare la storia di Malabrocca davanti a ragazzi di 20 anni e pur non conoscendo il contesto storico hanno apprezzato lo sviluppo della storia, e della vita di Luigi e della sua famiglia. Ogni storia di vita ha elementi comuni a ognuno di noi che tagliano fuori le questioni generazionali.

La filosofia della maglia nera: vivere da ultimi può essere un modo di affrontare la vita?
Vivere da ultimo per Malabrocca è stato un escamotage, aveva bisogno di soldi, faceva il ciclista e ogni modo era buono. Dopo aver ricevuto i primi regali da parte del pubblico arrivando in fondo al gruppo  ha capito che c’erano delle possibilità di guadagno anche lì, poi la cosa gli è esplosa tra le mani.

Perché piace così tanto il ciclismo (la bicicletta) degli anni 50, 60… ? Forse non abbiamo più Coraggio o entusiasmo per guardare avanti?
Credo che molta dell’epica di quel ciclismo sta nel fatto che non ci fosse la tv, le gesta dei ciclisti erano raccontati dalla radio e dalle grandi firme dei quotidiani come Dino Buzzati, e quei ciclisti visti solo in foto e ascoltati nei racconti radiofonici diventavano protagonisti di un’epica moderna.

Il tuo ciclismo di oggi se c’è quale è ? Lo segui? Chi ti piace vedere correre? C’è un Malabrocca dei giorni nostri?
Non seguo molto il ciclismo, guardo il giro d’Italia con lo spirito che aveva mia nonna che diceva “lo guardo per vedere i paesaggi del nostro paese”, certo che quando però vedi uno di quei ciclisti sulle grandi salite alzarsi sui pedali e staccare tutti, ti viene sempre la pelle d’oca.

La bicicletta e il teatro: ci spieghi perché funziona così bene il legame?
Sia in radio che in teatro funzionano le storie di sport in cui i protagonisti sono molto umani e pieni di grandezza, ma anche di vulnerabilità. I grandi sportivi, che crollano e rinascono, gli ultimi che vengono elevati al rango dei primi sono molto più vicini a noi dei super eroi dei fumetti.

Teatro e radio: due forme di comunicazione così lontane eppure con te sembra che non… Cosa ne pensi?
Io ho smesso di fare l’attore di “prosa” quasi 10 anni fa. Ma è innegabile che quel modo di raccontare me lo porti anche davanti ad un microfono. Alla radio, però, mi piace lavorare sulla mancanza di interpretazione, quando racconto una storia di qualcun altro, voglio che siano le sue parole a lavorare nella testa o nella pancia di chi lavora, e non il mio modo di interpretarle. (fonte Cyclemagazine.eu)