Il 7 dicembre è il compleanno di Fiorenzo Magni. È la festa del Leone delle Fiandre. E per tutti è un gran giorno. Così, noi del Museo, abbiamo deciso di festeggiarlo anche qui, in questo modo, in questo suo spazio eterno e digitale. E lo facciamo con un ritratto scritto da Allegra de Mandato per una lettura recitata che l’attore Fabio Martinello ha interpretato in occasione della cena di gala per i 10 anni del Museo (lo scorso 14 ottobre 2016).
Cosa si può regalare a Fiorenzo Magni nel giorno del suo nuovo compleanno? Ci affidiamo alla positività di questo ricordo, di un momento molto alto che abbiamo vissuto festeggiando con e per lui nel Suo Museo, che è tornato ad essere attivo e pieno di emozioni…
Grazie anche ad Allegra de Mandato che ne ha fatto un inedito calzante ritratto, per noi oggi sarà dunque questo Il ritratto di compleanno di un Leone intramontabile come Fiorenzo. Eccolo:
I ciclisti sono una cosa strana, i grandi ciclisti sono una cosa che sta a metà tra la favola e la leggenda, non ve li so raccontare come uomini che pedalano e basta, ve li riesco a raccontare come uomini che hanno attraversato la storia senza rendersi conto che stavano contribuendo a scriverla. Non so cosa sono i ciclisti ma mi tengono lì con il fiato sospeso e un groppo in gola. Sono spesso una storia che vale la pena raccontare.
C’è una storia che ha in sé la forza del ciclismo, della memoria, di quello sforzo atletico che lo senti e non te ne rendi conto ma ti sprona a capire cos’è l’agonismo. Quella storia lì voglio provarci a raccontarla.
Sono le imprese, l’Italia, il novecento, la guerra, sono quei due là e tra loro c’è quello che non ti aspettavi, il terzo uomo, la storia più vicina di tutte, quello che forse se non ci fosse stato lui anche gli altri due avrebbe brillato un po’ meno, quello che dici terzo ma non è mancato di essere anche primo, quello che lo chiami leone, lo chiami terzo uomo e tutti capiscono chi è, quello che ha dato un senso alla parola agonismo e che ha creato un luogo che per il ciclismo è una casa non della memoria ma soprattutto dei sogni, un museo che respira, una nostalgia che fa volare.
La storia che voglio raccontare si chiama Fiorenzo Magni. La faccia è strana, asimmetrica, un naso da pugile, uno sguardo vivo e caparbio, quell’ironia gentile che ti segna la faccia anche se non vuoi, un piglio che non nasconde la caparbietà e anche la follia dei grandi.
Una faccia che ti racconta che il mondo è fatto di coraggio e non di sacrifici, che fa parte del mestiere del ciclista la fatica ma che è anche un gran bel privilegio vedere il mondo dal sellino di una bicicletta, bere dalle sorgenti di montagna, fare delle rinunce e macinare 160 chilometri di fuga, se tu quella fatica la fai, può succedere che Coppi ti dica che in quella tappa lì, tu“l’hai fatto morire” e il sorriso allora ci scappa tra la fatica e il sudore, hai fatto morire di fatica e sforzo atletico Coppi, beh non è da tutti anzi forse è da pochi. Chissà se non sei stato l’unico a cui l’ha detto.
Ci sono delle storie che partono dalle imprese, e in questa storia quelle non mancano di certo, ci sono tre giri d’Italia vinti, tre giri delle Fiandre vinti, tappe importanti, un soprannome che sembra fatto apposta per quell’uomo, “il leone delle Fiandre”, che il primo anno nel 1949, a quasi trent’anni alle Fiandre ci arriva solo con un meccanico e vince, poi ancora nel 1950 e nel 1951 quando si affacciano dalla porta per vedere la corsa lo sanno che c’è il leone e lui non li delude. Tripletta. Caparbietà, ironia e quel sorriso.
Però le storie sono fatte dagli uomini e le imprese non bastano se dietro non c’è la bellezza di essere difficili, con ironia, forza e senza farsi distruggere dal fango della storia, quella con la maiuscola, quella che sbaglia, che colpisce in faccia e che potrebbe abbattere. Ma non i leoni, loro lo sanno che la fatica e lo sforzo si superano, che fa parte oltre che del mestiere forse anche e soprattutto della vita.
Queste sfaccettature non si possono raccontare ma si possono sentire, le senti quando qualcuno che le ha vissute te ne parla con la voce un po’ rotta e i pensieri mischiati alle emozioni. Quando i ciclisti come gli uomini diventano amici, quell’amicizia lì dura per sempre.
I leoni, quelli hanno dalla loro, la forza del farsi amare, l’amicizia di chi sa andare oltre le apparenze, Fiorenzo Magni e Alfredo Martini sono qualcosa che in questa storia non può mancare, non può che essere un’amicizia da fuoriclasse, un’amicizia che dura tutta una vita, quelle amicizie che ti fanno ridere insieme, commuoverti e che fanno dei ciclisti uomini che non si tirano indietro per un amico e che quando lo ricordano il sorriso è a metà con gli occhi bagnati
Cos’è un ciclista allora? Il ciclista è quella cosa che ti fa venire voglia di conoscere chi c’è sopra la bicicletta, quella personalità, quella tenacia, quell’intelligenza del cuore che non ti fa mollare mai. E se fa un freddo da farti uscire il cervello dalla testa o se fa un caldo da non sapere più dove sei?
Beh, il freddo e il caldo fanno parte del nostro mestiere, niente di più niente di meno, così era il leone, uno che non si lamenta, che il ciclismo è il suo mestiere. Uno che a trentasei anni, che per un ciclista non sono pochi, finisce un Giro con la clavicola rotta tenendo il manubrio con un tubolare stretto tra i denti, uno che deve stare ingessato per quarantacinque giorni ma dopo venticinque va dal suo meccanico e si fa tagliare il gesso con le forbici, perché bisogna riprendere ad allenarsi. Quella forza lì, che non è sfoggio di forza ma mestiere, quella forza lì fa arrivare l’agonismo al pubblico e la parola attaccare prende significato.
Il leone era quello che trasformava delle semplici tappe in tappe importanti, rendeva la corsa difficile per tutti, scombinava le classifiche generali e vinceva tre giri, una magia, quella magia che non sai cos’è ma ti fa uscire di casa a vedere quei ciclisti che ti passano davanti.
Fiorenzo Magni è stato quel ciclista lì, ma non solo un ciclista, raccontare questa storia, vuol dire raccontare un uomo che dopo vent’anni a pedalare è diventato guida per chi prendeva il suo posto e il posto di quei due là, è diventato vecchio e di quella vecchiaia che ha trasformato la sua faccia di intelligente ironico in quella di cantore fantasioso e magico, è rimasta l’ironia e la saggezza.
Cosa fa un vecchio ciclista quando non è più sulla strada? Un vecchio ciclista non saprei ma un vecchio leone salva i ricordi, salva la nostalgia, salva le storie perché sa che sono la cosa più preziosa che abbiamo e s’inventa un luogo, un museo che è molto di più che un museo, è un posto vivo, che respira, che racconta, che vive per sempre.
Un leone che trova una casa per i suoi ricordi e quelli del grande ciclismo e in quella casa tutti trovano rifugio, tutti si fanno incantare dalla nostalgia buona, dagli eroi, dagli uomini, dagli amici, da quella bicicletta che Magni ha reso molto più che un mestiere, che quella faccia da caparbio folle ha trasformato in favola.
Ecco io non lo cosa sono i ciclisti, però vorrei che fossero uomini così.