Alessandra Giardini sulla Rosea, aspettando il Giro che arriva oggi a Tortona (Alessandria), pubblica questa intervista a Marina Coppi. Una pagina contemporanea di storia del ciclismo che non finisce mai grazie a La Gazzetta dello Sport. Una pagina che ci scalda il cuore, perché Coppi vivrà per sempre ed era quello che voleva Fiorenzo Magni, il fondatore del Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo di Magreglio, legato da un’amicizia sportiva e umana intensissima, con il Campionissimo e con la sua Famiglia.

Di Alessandra Giardini (La Gazzetta dello Sport del 17 maggio 2023)
Foto di apertura dall’Archivio Digitale Musei Ghisallo_ACdB 

A Tortona sul traguardo, ad aspettare il Giro, ci sarà anche Marina Coppi. Aveva dodici anni quando suo padre Fausto chiuse le ali, come scrisse Orio Vergani. Per noi Coppi è storia e leggenda, per Marina è il papà che troppo presto ha dovuto lasciare. «Mi sembra sempre di non avere abbastanza ricordi, e forse non sono neanche tutti miei. Li ho messi insieme ascoltando più che parlando: tutte le volte che incontro qualcuno che lo ha conosciuto, aggiungo un pezzo. E il ciclismo è uno sport che non dimentica».

Un ricordo sicuramente suo? «Noi due che giochiamo. Soprattutto con i cani. Papà aveva una coppia di cani da caccia, Birbo e Birba. Un giorno andammo insieme in un allevamento e mi prese questo cucciolino di boxer, si chiamava Ero. Era attaccatissimo a papà. Noi cercavamo di tenerlo in giardino, ma quando tornava papà lui lo seguiva fino in casa e non voleva più uscire».

Fausto lo immaginiamo serio. «Riservato. Non triste, anzi. C’era tanto affetto attorno a lui. Mi ricordo quando arrivavano i suoi gregari in cortile c’era sempre tanta confusione, mi piaceva».

Sapeva di essere la figlia di Coppi? «Avevo questa percezione, ma per me era la normalità».

Andava alle corse? «Non ricordo neanche l’ultimo Giro d’Italia, settant’anni fa. Ero piccola. Ma più che altro non c’erano i mezzi di adesso, la televisione, tutte queste immagini… Ho soltanto dei frammenti, molte fotografie. E il ricordo di pomeriggi passati ad ascoltare il Giro alla radio. Le radiocronache sì, me le ricordo. Ho la sensazione di provare nostalgia per anni che non ho vissuto, è un sentimento strano, dolce ma anche amaro».

Un viaggio insieme? «Abitavamo a Genova, e d’inverno, quando non c’erano le corse, mi portava a Marassi. A lui piaceva, il suo massaggiatore lavorava alternativamente per il Genoa e per la Samp, andava a vederle per amicizia. A me la partita non interessava molto, volevo solo stare con papà. Poi ci trasferimmo a Novi per avvicinarci a Castellania. Cominciai qui le elementari, ricordo la gioia di sentirmi a casa in queste colline. È un bel posto».

Marina Coppi è anche il nome delle vostre vigne. «Francesco, mio figlio, fa questo lavoro con passione. Un vino è dedicato a Fausto, una Favorita l’ha chiamata Marine. Perché adesso c’è anche un’altra Marina, la più grande delle mie nipoti, ha quasi 17 anni. Poi c’è Linda, che fa la prima liceo, e Francesca, undici anni. Mi fanno tanta compagnia».

Mai andata in bici? «A me piace camminare».

Bartali lo ha conosciuto? «Sì, l’ho incontrato molte volte. Lui e papà hanno condiviso tanto, avevano molto in comune, per esempio l’affetto e il tifo di tanti, non soltanto italiani. C’era rivalità, ma soltanto in corsa: e nello sport aiuta, non è così negativa».

Il ciclismo le piace? «Lo seguo senza esagerare. Diciamo che quando c’è il Giro mi piace essere informata. Ho letto che è cambiata la Cima Coppi. Non fa niente: le Tre Cime è un posto meraviglioso. Io amo la montagna, sono proprio una Coppi».

Marina, sa chi è Evenepoel? «Credo di sì. Non è il nipote di Poulidor?…».

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