ATLANTE STORICO DEL CICLISMO IN LOMBARDIA
L’anno della rinascita: 1946
L’anno della rinascita: 1946
L’inizio della ricostruzione in Italia, dopo le devastazioni del secondo conflitto mondiale, coincide con la ripresa delle grandi corse. La bicicletta e il ciclismo divengono simboli della rinascita del paese e della rinnovata unità di un popolo lacerato dal conflitto civile tra fascisti e antifascisti. La Milano-Sanremo del 19 marzo 1946 costituisce il momento in cui questo sentimento emerge, in modo evidente, dalla prima pagina de “La Gazzetta dello Sport”, che organizza la competizione: «Una corsa di biciclette: ma è carico di lieti presagi il fatto che sia la bicicletta del popolo ad offrire all’Italia la sua prima kermesse atletica dell’anno della Costituente, l’anno della rinascita, l’anno della ricostruzione che comincia». Il ritrovo dei 115 corridori partenti si svolge alle sei del mattino presso la Casa del Popolo “Paolo Garanzini” di via Tabacchi; un’ora dopo la corsa parte da via Ascanio Sforza e procede lungo la direttrice stradale che porta a Pavia. Al traguardo di Sanremo arriveranno 63 corridori: vince Fausto Coppi, tornato in forma dopo il rientro dalla prigionia di guerra e divenuto alfiere della squadra “Bianchi”, emanazione della celebre azienda milanese produttrice di biciclette.
Di lì a pochi giorni, il 31 marzo, si disputa la tradizionale Milano-Torino, lungo strade ancora dissestate e polverose che portano i corridori a raggiungere le rive del Lago Maggiore e, da lì, il capoluogo piemontese, dove sarà Vito Ortelli a tagliare per primo il traguardo.
Sabato 13 aprile si corre la Milano-Mantova, corsa disputata tre volte dal 1906 al 1908, in forma sperimentale, e poi ripresa con regolarità partire dal 1932. La partenza è collocata in via Padova: gli oltre settanta iscritti si muovono verso Bergamo, lungo un percorso di 225 km che prevede il transito per Brescia, Salò e Desenzano, per arrivare infine a Mantova, sulla pista cittadina. Fausto Coppi e Vito Ortelli sono i favoriti annunciati, ma vincerà Mario Ricci, compagno di squadra di Bartali.
è però il Giro d’Italia a sancire definitivamente il ruolo del ciclismo come simbolo del ritorno alla vita dopo le tragedie della guerra. La corsa a tappe parte il 15 giugno 1946 dal Velodromo Vigorelli, ricostruito dopo i pesanti danni subiti dai bombardamenti che hanno colpito Milano negli ultimi tre anni del conflitto mondiale. Sono passate solo due settimane dallo svolgimento del Referendum istituzionale, che ha sancito la nascita della Repubblica Italiana, e dalle elezioni mirate alla formazione dell’Assemblea Costituente. Lungo gli oltre tremila chilometri previsti dalla corsa, ai ciclisti è implicitamente affidato il compito di ‘ricucire’ una nazione frammentata dalla devastazione delle reti infrastrutturali, dell’apparato industriale e dei centri urbani più importanti. I vani abitativi distrutti o danneggiati assommano a 6 milioni e 700 mila; 6.500 sono i chilometri di strade statali danneggiate (circa il 60% del totale della rete) con 2.972 ponti non più agibili; la rete delle strade provinciali e comunali presenta tratti distrutti o danneggiati per un totale di oltre 25.000 chilometri; la capacità complessiva dei sistemi di trasporto registra una riduzione del 35-40% rispetto al periodo prebellico; meno di un quarto degli impianti industriali è ancora attivo. La prima delle diciassette tappe porta i 79 corridori partenti lungo il tradizionale percorso da Milano a Torino. Dal capoluogo piemontese, il Giro inizia a scendere verso sud: riuscirà ad arrivare solo fino a Napoli, per poi risalire la penisola e concludersi con la tappa Mantova-Milano disputata il giorno 7 luglio. L’arrivo, all’Arena di Milano, sancirà la vittoria finale di Gino Bartali, con Fausto Coppi al secondo posto della classifica generale.
Il 22 settembre, sulle strade tra Bergamo e la Val Seriana, si disputa la quinta edizione del Trofeo Baracchi, ancora in fase sperimentale: partecipano solo 17 corridori, vincerà Antonio Ausenda.
Il 1946 è anche l’anno in cui, a Lissone, viene organizzata una nuova corsa destinata a divenire un appuntamento fisso del calendario agonistico italiano e internazionale: la Coppa Agostoni, tradizionalmente disputata lungo le strade della Brianza e dell’area del lago di Lecco. La prima edizione, il 21 ottobre, è vinta da Giovanni Casola, originario di Busto Arsizio, conosciuto anche per le ottime prestazioni su pista. La Coppa Agostoni va ad aggiungersi alle più antiche Coppa Bernocchi (vinta, il 26 maggio 1946, da Osvaldo Bailo) e Tre Valli Varesine (vinta, il 15 agosto, da Enrico Mollo). Le tre corse, con il passare del tempo, verranno concentrate alla fine del periodo estivo; molti anni dopo daranno vita anche a un trofeo, detto Trittico Lombardo, ancora oggi destinato al corridore capace di raccogliere la miglior somma di piazzamenti durante le tre gare.
L’anno della rinascita e della ricostruzione nazionale, simboleggiate dalle corse del grande ciclismo, si chiude
con la quarantesima edizione del Giro di Lombardia, disputata il 27 ottobre 1946. La corsa parte dal poligono di Boldinasco e prevede un tracciato di 231 km con arrivo al Velodromo Vigorelli di Milano; 129 sono i partecipanti, ne arriveranno 50. Fausto Coppi, sconfitto da Bartali nella ‘corsa rosa’, vince con un giro di pista di vantaggio sugli immediati inseguitori, dopo un attacco decisivo sul cavalcavia della Ghisolfa, all’ingresso in città. Gino Bartali si è ritirato molti chilometri prima, in occasione del secondo passaggio della corsa a Varese.
Ormai divisi anche dai colori sociali delle rispettive squadre, emanazione di due celebri aziende lombarde produttrici di biciclette (Legnano e Bianchi), Bartali e Coppi si trasformano negli elementi simbolici di una dicotomia che presto travalicherà il campo dello sport, per divenire metafora delle contrapposizioni culturali e politiche dell’Italia del secondo dopoguerra.